Aree interne, quali sono le caratteristiche di queste aree?
L’italia è composta per la maggior parte da aree interne, che sono aree distanti dai centri ma anche ricche di risorse ambientali e culturali. Occupano il 53% dei comuni italiani e il 63% del territorio, con il 23% della popolazione ovvero 13,5 milioni di persone.
Interne quelle
aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute, mobilità, ecc.), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate per natura e a seguito di secolari processi di antropizzazione.
L’italia è una Paese di aree interne, con la
strategia nazionale aree interne (SNAI) si è costruita una politica innovativa di sviluppo e coesione territoriale al fine di contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino.
Sono territori fragili, distanti dai centri principali di offerta dei servizi essenziali e spesso abbandonati a loro stessi,
sono la parte di Italia più vera e più autentica.
Con la SNAI si è ridisegnata la mappa dell'italia tenendo conto delle aree interne, ci si rende conto che l’unica cosa che come Paese abbiamo in comune è la diversità dei territori, per questo le aree interne non sono una parte residuale dell'Italia ma le aree interne sono il l’Itala.
L’italia è un Paese che si sta contraendo, dal punto di vista demografico, istituzionale, della capacità di produrre valore, e anche dai suoi orizzonti di futuro.
Creare sviluppo nelle aree interne
Esistono città di mezzo in Italia, città mede senza particolari qualità, sono l’essenza del Paese, servono per uscire dalla
dicotomia semplicistica città - campagna, ed apre alla complessità territoriale, per esempio Genova è una città di mare costruita in montagna, per cui bisogna adattare il nostro pensare l’Italia a questa visione di continuum.
I sistemi territoriali che possono servire per rispondere a queste esigenze in cui si mantiene la diversità territoriale vengono definiti
Città Metro-Montane, in cui la diversità territoriale viene valorizzata, valorizzando il policentrismo,
ampliando il raggio di inclusione delle aree circostanti le città. Un esempio virtuoso è stato attuato dalla città di Torino, è stata lungimirante ed è riuscita a cogliere il mega trend garantendo una connessione fisica e telematica tra il centro cittadino e il suo circondario allargato.
Bisogna portare servizi e lavoro nelle aree interne, i servizi nelle aree interne si portano innovando, perché servono idee e intuizioni innovative per poter adattare i servizi costruiti in modo standard per i centri urbani.
Il primo passo per sviluppare le aree interne è permettergli di essere parzialmente autosufficienti, serve strutturare il mercato attraverso
regole modellate sulle esigenze dei vari territori, serve curvare le regole, adattare gli incentivi e gli strumenti in base alle caratteristiche demografiche, morfologiche, ambientali, istituzionali dei singoli territori.
L’economia delle aree interne deve essere soprattutto di cittadinanza, deve essere di economia fondamentale, ovvero, quella relativa alla vita quotidiana fatta di beni fondamentali.
Il ruolo delle istituzioni
C’è bisogno di uno
stato innovatore, uno
stato Market maker per queste aree, l’attore pubblico locale è fondamentale, è fondamentale che sia competente che sia capace e di leggere il territorio e abbandonare la logica assistenzialista, campanilista, diventando attivatore.
Per fare questo è
necessaria competenza distribuita tra gli amministratori pubblici, è necessario volontarismo, sono necessari tantissimi funzionari pubblici molto competenti che sappiano gestire le aree piccole e interne, il problema con questa necessità è la mancanza di personale con le competenze necessarie disposto a lavorare nella pubblica amministrazione delle aree interne senza avere incentivi adeguati in termini economici e di prestigio.
Servono maggiori competenze, serve una migliore istruzione universitaria specifica per questi ruoli e serve rendere questi ruoli appetibili sul mercato del lavoro per i soggetti più competenti.
La
società civile presente e organizzata non è intercettata e valorizzata dalla classe politica, bisogna aggregare associazioni di cittadinanza attiva e unirle alle competenze intellettuali e di ricerca per svolgere un
compito di cane da guardia nei confronti degli operatori pubblici, luoghi in cui si sia capaci di aggregare consenso e diventare portatori di contenuti dove non ci sono.
Va bene la cultura storica il folklore e le sagre ma sono necessarie anche innovazioni ed evoluzioni culturali. C’è domanda di diversità. (es. Favara Cultural Park, Teatro delle Ariette)
Tre parole per il futuro
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Capacità di voices (progettualità)
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Policentrismo territoriale (uscire dalle dicotomie)
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Giustizia sociale