La lingua che fa innovazione e la nostra responsabilità nell'uso delle parole
Esiste una
relazione bidirezionale tra le parole, le persone e la società. In questo gioco a tre la realtà influenza la lingua. Le parole sono una conseguenza della realtà, noi esseri umani tendiamo a cartellinare tutto ciò che ci circonda, ma non siamo in grado, banalmente, di dare un nome a concetti che non possiamo immaginare. Per cui,
la realtà influenza le parole e il linguaggio ma può avvenire anche il contrario?
Ed eccoci davanti all’ipotesi di
Sapir-Whorf, per la quale
le parole che usiamo contribuiscono al modo di vedere e di percepire la realtà, non è indifferente l’utilizzo di una parola piuttosto che un’altra, la parola definisce di più certi aspetti piuttosto che altri di un concetto.
Facciamo un esempio molto in voga in questo momento, i femminili professionali. Non è indifferente appellare una donna professionista al maschile o al femminile, perché appellarla al femminile porta a normalizzare la loro presenza in quel ruolo.
Il binomio social e consapevolezza
Attualmente c’è un’eccedenza di comunicazione sia in ingresso che in uscita, fino al definirla
infodemia. I social e l'online sono sicuramente un trend presente in una proiezione futura, come ci ha raccontato anche
Roberto Paura,
è importante che all'aumentare della normalizzazione dell'on-life, aumenti anche la consapevolezza del loro uso. Spesso i social diventano l'unico modo per gestire le ipercomplessità in cui ci ritroviamo a vivere e, con il presupposto che il punto di vista separatista tra l'online e l'offline è ampiamente superato, il ‘goal’ in un futuro immediato è quello di trovare un equilibrio e una serenità per vivere questa
on-life.
Tra le generazioni diverse si assiste da sempre alla presenza di termini discordanti e anche incomprensibili tra loro.
Il linguaggio giovanile nasce per rompere con il linguaggio delle generazioni precedenti, la prima attestazione di una crisi intergenerazionale è presente nella repubblica di platone, in cui se la prende con i giovani d’oggi che non sanno parlare e dei vecchi che fanno le moine per far finta di essere giovani.
Ma la differenza che intercorre ultimamente è molto più ampia di quanto non sia mai stata,
ultimamente il tempo è più veloce, quindi a distanza anche solo di qualche anno si utilizzano termini decisamente diversi.
Ad ogni modo, quando si parla di buona comunicazione, è importante che ci sia un contenuto ma anche un contenitore.
Impariamo a difendere la qualità della nostra comunicazione, ovvero la sincerità. Se si ha una sincera volontà di comunicare qualcosa, il nostro interlocutore lo percepisce.
Le
massime conversazionali di Grice:
Quantità → non dire troppo ne troppo poco.
Modo → si il più chiaro possibile.
Relazione → rimani sul pezzo.
Qualità → si veritiero.
L'optimum? Equilibrio tra forma e sostanza
Parole straniere: sì, no, perché?
L’importazione delle parole straniere è strutturale nella realtà attuale dove tutto è più labile. Tendenzialmente si pensa all’inglese, questo entra nell'italiano anche per questioni non di necessità, per questo è importante
distinguere i forestierismi di necessità e forestierismi di lusso. Utilizzare parole straniere diventa un modo per comprendere meglio il nostro tempo e, visto da questo punto di vista, in realtà non ci sono mai abbastanza parole, la realtà è talmente complessa e variegata che noi
siamo sempre un po in ritardo con il nostro lessico. Un forestierismo viene assimilato quando sentiamo che la nostra lingua non è in grado di vedere un certo aspetto della realtà, oppure non è abbastanza icastica nelle parole che mette a disposizione, allora in questi casi è bene che entri in gioco l’adozione di termini stranieri.
L’italiano del futuro si mischierà con l’ingelse? bisogna combattere questa dinamica?
L’unico
modo per preservare la nostra lingua è quella di usarla al meglio, anche
imparando le altre lingue.
Tullio de Mauro afferma che la necessità primaria di comunicazione dell’italiano medio è il plurilinguismo, il cittadino italiano modello dovrebbe essere quello che mantiene il collegamento con le sue radici grazie al
dialetto, parla bene la
lingua nazionale e poi almeno una
lingua straniera.
Se imparassimo di più l’inglese saremo anche capaci di usarlo meno male, troppo spesso l’inglese serve per darsi delle aree utilizzandolo come rifugio, ma se uno impara veramente l’inglese allora si vergognerà ad utilizzarlo in malo modo.
"Parole contro la paura”
Un libro derivato da un esperimento che Vera ha deciso di fare durante la fase di isolamento: ha chiesto ai suoi follower le
3 parole centrali durante il periodo di quarantena e ne ha ricevute molte non connesse al Coronavirus, a dimostrazione del fatto che nonostante tutto, tutti noi abbiamo continuato a vivere attraverso i piccoli gesti. A questo proposito,
Vincenza Pellegrino ci ha parlato di Utopia e Distopia.
Tre parole per il futuro
Premessa: noi abbiamo bisogno di tutte le parole, perché ogni parola può essere quella giusta visto il contesto, l'interlocutore e la volontà comunicativa che si ha)
- Consapevolezza (atti e parole)
- Responsabilità (atti e parole)
- Relazione (tutto ciò che noi facciamo in quanto animali sociali, lo facciamo come parte di un continente, dobbiamo ricordarci di essere parte di una società)